ERMINA ZAPPOLI

01/06/2024

Ermina Zappoli è nata il 29 ottobre del 1930 alla Costa di Affrico e ci accoglie subito con una grande sorpresa:

"Una delle donne nella foto sono io".

Si riferisce a uno scatto fatto nell'aprile del 1945 da Hans George, medico della compagnia B della 10a Divisione da Montagna. La foto era contenuta nell'album che Hans, scomparso nel 1965, lasciò in ricordo ai nonni di Dana Miller che ci ha concesso di utilizzare le foto e approfondire le ricerche. Ora lasciamo ad Ermina il racconto di quei tristi giorni:

"Sul finire del 1943 arrivano i primi tedeschi nella nostra casa, erano buoni e non hanno mai disturbato nessuno. Una mattina dal campo di carciofi di mio padre, spuntò un soldato tedesco che cercava e voleva essere accompagnato dai partigiani; mio padre Armando aveva molta paura ma alla fine gli sembrava un bravo ragazzo e decise di accompagnarlo nella casa dove erano nascosti i partigiani. Qui passò paziente alcuni giorni legato in cantina, finchè anche loro si convinsero della brava persona che era e lo inquadrarono nei loro ranghi. Si chiamava Lotter e ha combattuto insieme a loro fino alla liberazione, chissà se è mai riuscito a tornare a casa. Arrivati al 9 ottobre del 1944 però iniziarono ad arrivare tanti reparti tedeschi e ci mandarono via da casa, perchè ci sarebbe stata una grossa battaglia. Li abbiamo salutati con la promessa che saremo tornati il giorno dopo, invece siamo rimasti sfollati per circa sei mesi. Ci fecero portare con noi le nostre due mucche, la Gina e la Balotta, mentre la prima notte la passammo a Turziano ospiti dell'Anna Mazzetti, ma all'alba iniziò l'attacco dei reparti della 1a Divisione Corazzata Americana e i monti sopra la nostra casa erano tutto un fuoco per via delle cannonate. La stalla dove avevamo riparato le mucche prese fuoco e abbiamo dovuto spostarle alla Serra presso lo zio Antonio."

Da quella notte iniziò il loro girovagare tra Porretta e Riola:

"Andammo a Riola dove rimanemmo circa une mese e mezzo presso la cucina degli indiani presso La Spintona. Ricordo che per due giorni noi bambini guadavamo piangendo i cucinieri fare da mangiare, mentre loro ridevano. Il terzo giorno questo soldato con i capelli lunghissimi, forse un comandante, ci venne a chiedere se avevamo fame. Quanta fame avevamo! Andò a parlare con i cuochi e tornò per dirci di andare a prendere e tornare con qualsiasi contenitore che potevamo trovare. Tornati in casa, abbiamo preso d'assalto la credenza e svuotato ogni cassetto e siamo tornati da questo soldato che nel frattempo si era legato i capelli e indossava un turbante. Ci accompagnò alla loro cucina dove ci sfamarono dandoci il mingao, che non era affatto buono, ma per noi che avevamo tantissima fame era squisito e soprattutto riempiva la pancia per quasi un giorno intero. Qui a Riola però, nella cantina dove stavamo, i topi ci mangiavano i piedi e le orecchie e la mamma decise di provare ad andare a Porretta da altri parenti, ma eravamo in troppi e non riuscivamo a sfamarci tutti, così decidemmo di tornare a Riola dove per quattro mesi nei pressi abbiamo vissuto vicino a una delle tante cucine americane."

Anche se la Costa di Affrico fu liberata il 5 marzo del 1945, il territorio rimase in zona di operazioni per un altro abbondante mese, finchè il 14 aprile 1945 iniziò l'attacco che portò allo sfondamento della Linea Gotica e alla liberazione di Bologna:

"Per i sei mesi che siamo stati sfollati, mia mamma ha pianto quasi ogni giorno perchè aveva perso le chiavi di casa ed era disperata. Il 20 aprile 1945, quando siamo tornate alla Costa, non c'erano ne la porta, ne gli scuri e nemmeno le finestre! Nei mesi di nostra assenza, la casa era stata occupata dai soldati brasiliani che prima di salutarci ci scaricarono da una camionetta non so quante casse piene di scatolette di cibo! Nei giorni seguenti, nostra madre, chiese a me e a mia sorella Anna se potevamo andare a vedere a Labante come stava la zia Imelde Verardi, da cui non aveva più notizie; mentre scendevamo verso Labante lungo i castagneti dell'Armondà e della Terzera, ricordo che vicino ad ogni castagno c'era un soldato morto. Quando siamo arrivate a Labante la zia e i nostri parenti stavano fortunatamente tutti bene."

Ed è qui a Labante, mentre aiutavano la zia a lavare il vestiario di alcuni soldati americani, che Hans George scattò loro la foto.

"Sono sicura che quelle foto sono state fatte a guerra finita, quando qui il fronte era passato. Non ricordo che un soldato avesse la macchina fotografica, ma ho riconosciuto subito mia sorella Anna e la zia Imelde, per finire di riconoscermi io stessa! E' stato veramente incredibile pensare che una foto mia e della mia famiglia sia stata trovata in una soffitta in America e per giunta nemmeno dai discendenti del soldato stesso. Quando siamo tornate verso casa, di materiale bellico sparso in giro era pieno e presi un elmetto tedesco per recuperare il cuoio al suo interno per farmi fare un paio di zoccoli nuovi. I corpi dei soldati tedeschi e brasiliani che avevamo visto durante il viaggio di andata furono raccolti da altri soldati qualche giorno dopo, fatti arrivare appositamente con due camion."

E le mucche Gina e Balotta?

"Siamo tornate a prenderle sane salve qualche giorno dopo essere tornate a casa alla Serra dallo zio Antonio."

Ora Ermina vive a Porretta e per anni ha lavorato presso la colonia (ora abbandonata) di Stella Mattutina e oltre a sperare di venire a visitare il nostro museo nei prossimi mesi, spera immensamente di non vedere una terza guerra mondiale:

"LA GUERRA ERA BRUTTA IERI E LO E' ANCHE OGGI, speriamo che non ne torni un'altra. Non tanto per me che ho 94 anni, ma per voi giovani"


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