ARTURO FAVALLESI

28/08/2024

Arturo Favallesi  è nato il 4 agosto del 1937 da Achille (originario di Cremona) e Maria Grilli, nativa di Castel d'Aiano.

Vivevano a Parma al numero 34 di via Langhirano e durante la guerra, passava le giornate con la mamma ai giardini ducali gustandosi qualche pagnottina di pane barillino; qui rimase folgorato dagli uomini, alti e fieri, del 3° Reggimento Granatieri accampati in zona.
Suo padre Achille invece era molto lontano da casa, inquadrato come geniere nella Divisione Regina di stanza nelle isole dell'Egeo e in particolare a Rodi. 

Nel gennaio del 1944 a Parma avvengono una serie di attentati contro i militi della Brigata "Ettore Muti" e per lo spavento la mamma decide di sfollare dai parenti a Castel d'Aiano, in una casa di proprietà dietro alla bottega di Tondi.

"Una sera ricordo che ad un certo punto arrivò in paese una macchina con gli altoparlanti che ci intimava di tenere le finestre chiuse.

Ovviamente, curiosissimo, invece che tenerle chiuse ne apriii subito una e nemmeno il tempo di capire cosa stava succedendo che arrivò una scarica di fucileria, con mia mamma tempestiva nel mettermi subito al riparo.

Erano i partigiani da Gaggio Montano, che dicevano che il paese era occupato. (n.b: era il 17 aprile 1944)"

I partigiani rimasero pochissimi giorni, per lasciare spazio ai militi repubblicani della 1°Compagnia Arditi del battaglione Raspadori saliti da Vergato e che rimasero in paese a lungo, mentre la sua famiglia iniziò un lungo girovagare tra alcune case della zona.

"Dove ora in paese si trova la sala da biliardo c'era la cucina dove avveniva la distribuzione del rancio, mentre l'attuale consorzio era una caserma."

Per un periodo rimasero a Casa Grottone fino a quando un giorno, mentre stava andando a prendere l'acqua, incontrò quattro tedeschi a torso nudo che stavano installando un cannone antiaereo da 88mm (in quella che ora è conosciuta come via del Laghetto). Nonostante lo spavento, i tedeschi furono gentili tanto da farlo curiosare mentre loro lavoravano.

Arturo ci racconta qualche aneddoto che portó alla fucilazione di tre cittadini:

"Ricordo che il 21 aprile 1944 partirono alcuni camion con a bordo i militi per un'azione antipartigiana a Monte Asinello, dietro Semelano.

Li abbiamo seguiti con lo sguardo lungo la strada di Villa finchè ci fu possibile.

A Monte Asinello avvenne uno scontro e un milite venne ucciso (Federico Adorni, classe 1927, da Piacenza); iniziò un'operazione di rastrellamento tra Montese e Castel d'Aiano, dove a Ranocchio catturarono tre persone, che furono accusate di aver aiutato i partigiani. 

Il 23 Aprile vennero portarti a Castel d'Aiano dove per circa un'ora furono malmenati e torturati e quando finì la messa verso le 11.30, abbiamo visto schierarsi il plotone di esecuzione. In piazza il comandante salì sul cassone di un camion e lesse la sentenza di condanna a morte, ordinando la fucilazione; compiuto il fatto ricordo che il comandante passò uno ad uno i corpi inermi a terra e gli sparò un colpo in testa. Mi rimane impresso ancora oggi i sussulti che fecero i corpi.

Nella rientranza dove c'era il Credito Romagnolo, c'erano dei militi con le casse da morto, ma arrivò un aereo alleato che vedendo del movimento iniziò a mitragliare la zona."

In estate iniziarono ad arrivare anche i primi bombardieri alleati:

"Dove ora ci sono i giardini in località Croce, ricordo che la strada aveva un ponte. Qui un aereo sganciò il suo carico di morte su qualche mezzo tedesco, distruggendoli, tra cui un sidecar."

Con l'aumentare dei bombardamenti si trasferiscono presso casa "La Vinaza" (ora abbandonata lungo la provinciale che porta a Passo Brasa) e dopo essersi salvati da una pioggia di bombe, si spostano nuovamente a Cà Mingarino dove gioca con piacere con Paola Corgnoli e Giovanni Gualandi.

Un giorno, nel giocare, si infila un chicco di granoturco in un orecchio e non riesce più a toglierlo:

"Mi faceva un gran male e aveva iniziato a fare infezione, quindi siamo andati in paese a cercare il dottore, senza trovarlo. Mia mamma mi portò dai tedeschi nelle trincee che si trovavano dove c'è il cimitero e in qualche modo riescono a spiegarci che il loro medico si trova a Roffeno.

Ci incamminiamo subito per Rocca e una volta giunti, troviamo il dottore tedesco che con premura riesce ad estrarre il chicco di grano e a farmi una medicazione.

Mentre siamo sulla via del ritorno, veniamo sorpresi da un bombardamento nei pressi di Torre Iussi e mia mamma chiede ospitalità  a una famiglia che ci mise a disposizione la mangiatoia della stalla.

Il giorno dopo quando siamo tornati, la nostra casa l'abbiamo trovata completamente distrutta."

Traslocarono a casa Giovetti, vicino Brasa, ospiti del signor Oliviero fino all'arrivo degli americani:

"I primi di marzo del 1945 iniziò l'attacco americano per liberare Castel d'Aiano. Noi eravamo nascosti dentro al rifugio dietro alla casa e in lontananza si sentivano avvicinarsi sparatorie e scoppi vari; io piangevo disperato ed ero nel panico perchè vedevo i granelli di terra cadere dal soffitto del rifugio ad ogni cannonata.

Quando scese il silenzio, gli adulti decisero di uscire a vedere e appena aprirono la porta del rifugio mi lanciai fuori in piena crisi di panico.

Appena fuori dal rifugio c'erano tre soldati americani tutti sporchi in volto pronti a buttare dentro le bombe a mano, ma quando videro noi bambini le lanciarono in un fosso vicino.

Uno di loro mi prese subito in braccio e iniziò a rincuorarmi, prima di portarmi in casa dove arrivarono due tedeschi in alta uniforme che cercavano gli americani per arrendersi.

Con questo soldato americano legai molto, gli volevo molto bene e lo chiamavo babbo; mi faceva indossare l'elmetto e mi portava a fare dei brevi giri in jeep o mi diceva "vai in buca" e trovavo la sua postazione piena di cose buone da mangiare.

Al "Montaz", il colle dietro al consorzio, facevamo una sorta di gimkana con la jeep.

Quando verso la metà di aprile è andato via, ho pianto tanto e ancora oggi mi rincresce non ricordare il suo nome.

Ci penso tutti i giorni e spero che sia tornato a casa dalla guerra."

Finita la guerra Arturo ha realizzato il sogno che aveva da bambino di diventare Granatiere, dove ha svolto il servizio militare con il grado di Sergente, mentre per tutta la vita e fino alla meritata pensione, ha fatto il cameriere nei locali della bella Bologna. 

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